Anche se tornati a casa si potrebbe mangiare assieme sento che voglio stare un po' per conto mio e ripensare a quello che ho visto. Come se non potessi adesso volgere il mio pensiero altrove, come se temessi che provando a far altro qualche ricordo, qualche sensazione mi sfugga ma come se non sapessi già che non è facile descrivere a parole quello che ho visto e quello che ho provato: la sorpesa iniziale, il brivido durante lo spettacolo e il disappunto perché è durato troppo poco, finito troppo presto ce ne siamo anche andati subito senza lasciarmi la possibilità di stare lì ad applaudire fino a spellarmi le mani.
Sto parlando come annunciato precedentemente dell'opera di Pechino (京剧 jing ju, per gli amici), e certo il mio lavoro sarebbe molto più semplice se chi mi leggesse avesse anche visto quel film superlativo che è Addio mia concubina, che ruota appunto su tale soggetto. Ed è ripensando anche a quel film che ho trovato incredibile poter assistere al momento del trucco degli attori (foto gentilmente trafugata ad Elisabetta), sistemati in una sala a fianco del palcoscenico a truccarsi da soli con pennelli, ciprie e pomatine dai colori vistosi, ritrovavo i momenti del film nella realtà che stavo osservando, roba da contemplare in apnea. Ogni urletto, ogni brano cantato (fortunatamente mentre parlavano e cantavano a fianco c'era uno schermo luminoso con caratteri e traduzione in inglese), brillava per tecnica e potenza. L'opera (o il medley di opere, piuttosto) a cui abbiamo assistito era un concentrato di canti, danze, balletti e arti marziali davvero spettacolare, temendo forse che il pubblico straniero potesse annoiarsi la durata è stata tutt'altro che generosa, avrei voluto ancora godere della vista di quelle acrobazie e del trionfo di colori in movimento di ogni costume.
Sono davvero un ragazzo fortunato, ho pensato mentre più volte la bellezza dell'opera mi commuoveva.
Sto parlando come annunciato precedentemente dell'opera di Pechino (京剧 jing ju, per gli amici), e certo il mio lavoro sarebbe molto più semplice se chi mi leggesse avesse anche visto quel film superlativo che è Addio mia concubina, che ruota appunto su tale soggetto. Ed è ripensando anche a quel film che ho trovato incredibile poter assistere al momento del trucco degli attori (foto gentilmente trafugata ad Elisabetta), sistemati in una sala a fianco del palcoscenico a truccarsi da soli con pennelli, ciprie e pomatine dai colori vistosi, ritrovavo i momenti del film nella realtà che stavo osservando, roba da contemplare in apnea. Ogni urletto, ogni brano cantato (fortunatamente mentre parlavano e cantavano a fianco c'era uno schermo luminoso con caratteri e traduzione in inglese), brillava per tecnica e potenza. L'opera (o il medley di opere, piuttosto) a cui abbiamo assistito era un concentrato di canti, danze, balletti e arti marziali davvero spettacolare, temendo forse che il pubblico straniero potesse annoiarsi la durata è stata tutt'altro che generosa, avrei voluto ancora godere della vista di quelle acrobazie e del trionfo di colori in movimento di ogni costume.
Sono davvero un ragazzo fortunato, ho pensato mentre più volte la bellezza dell'opera mi commuoveva.
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