mercoledì, settembre 17, 2014

Un giorno di ordinaria frustrazione

Ora si dà il caso che gravi su di me una grande colpa: sono disoccupato. Ho lasciato la scuola dove insegnavo a Nanchino nell'Agosto del 2012 e da allora questa grave condizione patologica ha continuato ad affliggermi quasi ininterrottamente.
Essere senza lavoro è una cosa poco piacevole, basta aprire la Costituzione che subito comincia dicendo che la nostra Repubblica è fondata sul lavoro, anche chi rimane al primo rigo, come chi del 5 maggio si ricorda solo "Ei fu siccome immobile", ha presente questo concetto. E capisce che qui qualcosa non quadra.


Torniamo a oggi, dove a quasi 33 anni suonati sono stato ripreso perché stavo giocando a Dance Central 3 (e mi stavo anche divertendo, lo confesso), io capisco che non si può ballare davanti al kinect dell'xbox e sembrare uno a cui daresti un lavoro, però sono anche sicuro che stare in ginocchio sui ceci perché sono disoccupato non porterebbe a nulla.

Parallelamente a questo discorso secondo me c'è quello delle aspirazioni. Uno magari sogna di voler fare qualcosa di attinente ai propri studi, o alle proprie aspirazioni. Ma accantoniamolo e ipotizziamo che io farei qualsiasi cosa per il teorema di qualsiasi lavoro è meglio della disoccupazione (cosa secondo mica sempre vera, ma va be', chi sono io per dirlo).
La cosa che mi fa veramente rodere è che, essendo io disoccupato sono colpevole a prescindere. La mia colpa si chiama assume nomi tipo: "non cerco", "non cerco abbastanza", "non chiedo", "non esco a cercare". Alla mia domanda "chiedo a chi?" "cerco dove?" non ho mai ricevuto una risposta.
Io sono sicuro di non aver fatto abbastanza. Riformulando Einstein io sono un pesce, e il lavoro è l'albero da scalare: è evidente che le cose non stanno andando per il verso giusto.
Però sono anche sicuro che anche se non ho fatto "molto", non ho fatto neanche "poco". Ho studiato, ho lavorato, ho fatto cose diverse e interessanti. Mi sono iscritto al collocamento adesso che sono tornato in Italia e il mio curriculum si trova su più di una decina di siti di ricerca di lavoro, dalla camera di commercio italiana in Cina alla domanda per il permesso di vacanza lavoro in Canada. 
Certo, visti i risultati sicuramente non è abbastanza. E in fondo persino io, come i miei, sono convinto che il lavoro lo si trovi se lo si sa cercare. Secondo me, però, spronarmi dicendo "ma tu non cerchi" è una scelta poco felice. Sono sicuro che dare consigli un pochino più mirati produrrebbe risultati maggiormente auspicabili sul lungo termine. 
Ora consideriamo questa cosa. Sono sovrappeso. Eh sì, anche quello. Ora tu ad uno sovrappeso che gli dici? Che è grasso? Che mangia? Questi commenti presuppongono che io non abbia gli occhi, o che non senta il fiatone quando corro, o che non noti che tutti i vestiti che avevo non mi vanno più. Altrimenti forse si farebbe meglio a dare per scontato che so benissimo di essere grasso e a) forse mi sta bene così b) forse vorrei dimagrire ma non ci riesco. 

Ritorniamo al discorso lavoro e osserviamo come l'ipotesi a) non stia in piedi, per le tante possibili argomentazioni tra cui la costituzione. Diamo quindi per scontato che io vorrei trovarlo questo lavoro ma non ci riesco. Quindi che possiamo fare ora: io continuo a cercare a modo mio e probabilmente non lo troverò. Se avete consigli affinché la mia ricerca di lavoro diventi più produttiva, io sono qui per questo, e vi ringrazio infinitamente. Altrimenti, se questi consigli non li avete e volete farmi solo notare ciò che io già so benissimo per conto mio, non dico un po' di pietà, ma una sana indifferenza non sapete quanto mi gioverebbe.

giovedì, settembre 04, 2014

I guanti e la gente scema

Nella puntata finale di Fargo, Lester Nygaard (interpretato da Martin Freeman aka Watson) dice alla poliziotta Molly Solverson (Allison Tolman, una faccia nuova): "non so cosa tu abbia contro di me dal primo giorno, ma io non sono quella persona che tu credi, non sono quel mostro". Molly allora risponde con una storia: "C'era questo tizio che correva per prendere un treno - aveva con sé un paio di guanti. Uno di questi gli cade sul binario, ma non se ne accorge. Solo dopo, mentre sta seduto davanti al finestrino si accorge che gli è rimasto solo un guanto. Ma il treno, insomma, sta già lasciando la stazione. Allora cosa decide di fare? Apre il finestrino, e lancia l'altro guanto sul binario. Così chi troverà il primo guanto avrà anche l'altro".

Ho reagito proprio come Lester, pensando: "Eh?" Poi, grazie a internet, ho letto un'interpretazione che mi ha convinto. Ora, senza addentrarci troppo nella trama di Fargo, il gesto del tizio del treno viene definito un "random act of kindness" (gesto di generosità inaspettata, diciamo), ma possiamo anche tirare fuori la teoria dei giochi: che utilità poteva mai avere un solo guanto per quell'uomo? mai quanto quella generata dal sacrificio del guanto che gli restava e lasciare che qualcun altro trovasse il paio completo.

Al mondo ci sono così persone che nell'istante in cui il treno sta partendo riescono a valutare la situazione e reagire in un modo che trascende il proprio interesse personale, persone appunto generose. Mentre altre, come Lester, come me, probabilmente non appartengono a questo genere di persone, non contemplano quasi l'esistenza di questo tipo di persone e non capiranno neanche la storia dell'uomo e del suo paio di guanti.

L'epifania che credo di aver avuto è quella di arrendermi all'evidenza che esistono persone generose ed altre avare, persone sensibili opposte a quelle rudi, incivili e maleducate. Eppure ce ne aveva messo un po' il professore di Psicologia Generale all'università a convincermi che non erano le persone, ma le relazioni ad essere stupide, maleducate, cordiali eccetera. Ne avevo fatto una mezza filosofia di vita e mi ero convinto che in fondo era così: che tutti si sbagliano quando fanno girare le catene di S. Antonio che hanno l'intento di disprezzare gli altri che non meritano la nostra pazienza, la generosità, il buon cuore (resta sempre da chiedersi questi qui a chi si rivolgono dato che si suppone che gli unici che li leggano siano i loro amici). Dentro di me pensavo: figlio mio, che la condividi a fare questa frase scialba e piena di luoghi comuni? non sono quelli che non ripagano la tua generosità gli stronzi. è la vostra relazione che lo è. quell'uomo che a te sembra ingrato e vile per qualcun altro è un leone.

Ammetto però che la parabola di Fargo mi è sembrata convincente: esistono persone generose, contrapposte a persone avare e grette. Persone stupide e incivili, sciocche e superficiali, che probabilmente lo sono davvero e non solo lo sembrano solo ai miei occhi perché la nostra relazione non è partita con il piede giusto. Continuerò a far comunque tesoro dell'insegnamento del prof. Milella e il beneficio del dubbio verrà sempre assicurato prima di giungere a conclusioni affrettate. Però trovavo l'idea che non esistessero persone sceme molto più romantica. Dovrò arrendermi alla realtà.

E quello che più mi dispiace è che io appartengo a quelli che il guanto se lo sarebbero tenuto, pensando magari di trovare un giorno un altro guanto spaiato, manco fossero calzini.

In foto: guanto che ho chiesto in prestito a mia sorella e ho impietosamente gettato per strada davanti casa per farci una foto. mamma mica ha tutti torti quando dice che non sto bene colla testa.