Nuovo post, nuova citazione filmica. Ne Le conseguenze dell'amore (by the way, love love love this film very much) il protagonista, Titta, dice di appartenere alla setta degli insonni. Alcuni penseranno che un insonne quando non dorme può dedicarsi ad altro, dice, ma l'unica ossessione dell'insonne è quella di dormire. Mutatis mutandis, ecco la situazione in cui mi trovo. Per la serie, dopo il primo exploit nella precedente puntata: i post miserevoli di Maioblog, part 2.
Ho comprato un tappetino, per fare i miei soliti due salti e fermare un minimo la gravità che influenza le mie parti molli, sono pigro ed è difficile che mi cimenti in altro genere di attività, figurarsi con questo freddo micidiale che c'è fuori. Oggi l'inquilino del piano di sopra viene qui e si lamenta del casino che combino, fine dei giochi (l'angolino del dramma/farsa sta che in pratica in questo dormitorio, in questa scuola, qui non c'è un CANE, solo io e lui, che culo).
Ho pensato, man mano che le vacanze invernali si avvicinavano, che avrei potuto fare molte cose in questo mese e mezzo: un po' di esercizio per buttar giù la pancia, scrivere, disegnare, studiare, tutte le cose di questo mondo che richiedono un po' di concentrazione che di solito langue; col favore della quiete, della solitudine e della disperazione mi sarei pian piano adattato alla situazione e magari ne avrei tratto vantaggio.
Eppure è la prima volta che provo una solitudine così lacerante: è una sensazione nuova, oscura e orribile, qualcosa che sento però di dover affrontare, troppo facile prendere il primo aereo che trovo, spendere più di quanto ho guadagnato in due mesi e una settimana di lavoro e tornare a casa. E, come Titta, un solo pensiero mi attanaglia: quello di uscire dalla solitudine.
Ho comprato un tappetino, per fare i miei soliti due salti e fermare un minimo la gravità che influenza le mie parti molli, sono pigro ed è difficile che mi cimenti in altro genere di attività, figurarsi con questo freddo micidiale che c'è fuori. Oggi l'inquilino del piano di sopra viene qui e si lamenta del casino che combino, fine dei giochi (l'angolino del dramma/farsa sta che in pratica in questo dormitorio, in questa scuola, qui non c'è un CANE, solo io e lui, che culo).
Ho pensato, man mano che le vacanze invernali si avvicinavano, che avrei potuto fare molte cose in questo mese e mezzo: un po' di esercizio per buttar giù la pancia, scrivere, disegnare, studiare, tutte le cose di questo mondo che richiedono un po' di concentrazione che di solito langue; col favore della quiete, della solitudine e della disperazione mi sarei pian piano adattato alla situazione e magari ne avrei tratto vantaggio.
Eppure è la prima volta che provo una solitudine così lacerante: è una sensazione nuova, oscura e orribile, qualcosa che sento però di dover affrontare, troppo facile prendere il primo aereo che trovo, spendere più di quanto ho guadagnato in due mesi e una settimana di lavoro e tornare a casa. E, come Titta, un solo pensiero mi attanaglia: quello di uscire dalla solitudine.
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