Pare che gli argomenti provenienti dalla Cina che tengono banco anche qui ultimamente siano i tumulti nello Xinjiang, cosa farne degli organi dei condannati a morte e qualche pasticcio successo in campi di riabilitazione per ragazzi che dimostrano una forte dipendenza da internet (网络成瘾). Ma quest'introduzione non è che un pallido pretesto per parlare di internet o di qualcosa velatamente collegato ad esso.
Avevo scritto tempo addietro che in Cina fumavo, senza che in effetti ci abbia mai trovato niente di gradevole. In Cina la gente fuma, beve e sputa come turchi, mi sembrava una cosa carina abituarsi alle tradizioni locali. Ho comprato una stecca di 中南海 all'aeroporto per qualcosa come tre euro. Non le ho toccate per un po', mi sentivo un cretino a fumare in casa, dopo un mesetto, adesso, fumo un paio di sigarette al dì. Io non so perché la gente fumi, ma il mio rito della sigaretta a casa è speciale, me ne vado sul balcone col posacenere in vetro colorato, mi accendo una sigaretta e mentre faccio avanti e indietro sul balcone guardo le piante in giardino, il melocotogno con i rami piegati da quei frutti grossi e tozzi, i fili per stendere i panni, la canna fumaria della mia casa. E penso. Cerco di immaginare cosa scrivere nel racconto, provo a rielaborare, senza successo, fatti insoliti o divertenti, universi paralleli, idee romantiche. Penso alla mia giornata, penso alle persone vicine e quelle lontane. Qualche ricordo torna a galla.
Nelle altre 18 ore della giornata che praticamente trascorro davanti al computer non penso a niente o è come se non pensassi a niente, che forse di per sè è qualcosa di impossibile, eppure in quei cinque minuti è come se acquistassi una calma e una lucidità non presente nel resto della giornata. Come se la mente, almeno un po', si aprisse. E, beninteso, io lo benedico il computer, anche non pensare a niente per tutta la giornata è una mano santa per trascorrere il tempo.
Avevo scritto tempo addietro che in Cina fumavo, senza che in effetti ci abbia mai trovato niente di gradevole. In Cina la gente fuma, beve e sputa come turchi, mi sembrava una cosa carina abituarsi alle tradizioni locali. Ho comprato una stecca di 中南海 all'aeroporto per qualcosa come tre euro. Non le ho toccate per un po', mi sentivo un cretino a fumare in casa, dopo un mesetto, adesso, fumo un paio di sigarette al dì. Io non so perché la gente fumi, ma il mio rito della sigaretta a casa è speciale, me ne vado sul balcone col posacenere in vetro colorato, mi accendo una sigaretta e mentre faccio avanti e indietro sul balcone guardo le piante in giardino, il melocotogno con i rami piegati da quei frutti grossi e tozzi, i fili per stendere i panni, la canna fumaria della mia casa. E penso. Cerco di immaginare cosa scrivere nel racconto, provo a rielaborare, senza successo, fatti insoliti o divertenti, universi paralleli, idee romantiche. Penso alla mia giornata, penso alle persone vicine e quelle lontane. Qualche ricordo torna a galla.
Nelle altre 18 ore della giornata che praticamente trascorro davanti al computer non penso a niente o è come se non pensassi a niente, che forse di per sè è qualcosa di impossibile, eppure in quei cinque minuti è come se acquistassi una calma e una lucidità non presente nel resto della giornata. Come se la mente, almeno un po', si aprisse. E, beninteso, io lo benedico il computer, anche non pensare a niente per tutta la giornata è una mano santa per trascorrere il tempo.
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